Con la recentissima sentenza n. 1545 del 20 gennaio 2017 la Cassazione a Sezioni Unite, nel decidere la questione relativa all’applicabilità o meno delle limitazioni legate alla pignorabilità del quinto dello stipendio all’amministratore unico o al consigliere di una società per azioni, è intervenuta a dirimere, forse una volta per tutte, il contrasto giurisprudenziale in tema di rapporto tra società ed amministratore.
Dopo aver ripercorso, con una complessa ma chiara motivazione, i diversi orientamenti dottrinali nonché quelli giurisprudenziali di chi da un lato qualificava il rapporto di amministrazione in termini di rapporto di lavoro parasubordinato ai sensi dell’art. 409, n. 3, c.p.c. ravvisandone la sussistenza dei caratteri della continuità e del coordinamento con l’attività svolta dall’impresa societaria (da ultimo la stessa Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 10680/1994) e di chi dall’altro riteneva di dover escludere il rapporto di parasubordinazione, stante l’impossibilità di distinguere due contrapposti centri di interesse, essendo l’amministratore un organo necessario per l’amministrazione della società, la Corte, in riforma al suo precedente orientamento, ha ritenuto di aderire a quest’ultima posizione, ravvisando tra amministratore e società un rapporto squisitamente societario.
Sul punto i giudici hanno chiarito che il coordinamento presupposto dalla disposizione di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. non è affatto individuabile rispetto all’attività di amministratore societario, in quanto quest’ultimo non è soggetto ad un coordinamento che fa capo ad altri, essendo il vero egemone dell’ente sociale, a cui spetta in via esclusiva la gestione dell’impresa.
Pertanto, continua la Corte, l’amministratore unico o il consigliere di una società per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dall’art. 409, n. 3, c.p.c.
Ne deriva che i compensi spettanti ai predetti soggetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dal quarto comma dell’art. 545 c.p.c.
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