Gli smartphone e loro app di messaggistica istantanea sono sempre più diffusi e spesso ci si può imbattere in chat o conversazioni che potrebbero assumere una valenza probatoria all’interno di un procedimento giudiziario. La Corte di Cassazione (Sez. Penale, sentenza di data 19/06/2017, n.49016) si è occupata di questi argomenti, sempre più diffusi e importanti, affrontando in particolare il tema della validità legale a scopi probatori delle conversazioni fatte e registrate a mezzo della piattaforma di WhatsApp. La Corte in tale sentenza è arrivata a concludere che della registrazione di conversazioni svoltesi sul canale informatico Whatsapp, visto che costituisce una forma di memorizzazione di un fatto storico, si possa certamente disporre legittimamente ai fini probatori, trattandosi di una prova documentale.
Tuttavia la Corte individua dei requisiti in presenza dei quali tali acquisizioni possano definirsi legittime.
Solo quindi acquisendo il supporto del contenuto delle comunicazioni avvenute mediante la chat, quest’ ultima può costituire prova valida utilizzabile nei procedimenti penali e civili.
In altre parole, le comunicazioni di Whatsapp hanno valore legale solamente laddove vengano prodotte con il supporto materiale (contenitore - smartphone). Nondimeno, non sempre appare comodo depositare in Cancelleria il dispositivo originale. Per questo, è permessa la produzione della copia forense dello stesso, purché essa sia stata ottenuta nel rispetto delle regole tecniche previste e con l’ausilio di un perito tecnico informatico che garantisca la corrispondenza tra il contenuto estratto e quanto effettivamente presente nel dispositivo.
Per il testo completo della sentenza della Corte di Cassazione clicca qui.
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