Si segnala un’interessante sentenza del Tribunale di Trento, la n. 749/2018, pubblicata il 6.08.2018 su una questione all’ordine del giorno, in particolare nel contesto socio-economico del momento in cui abbiamo assistito ad un’evidente crisi del settore edile: cosa fare quando la promittente venditrice non termina i lavori previsti entro la data concordata.
La fattispecie trae origine da un contratto preliminare stipulato in data 18.10.2014 che prevedeva che l’immobile promesso in vendita sarebbe stato ultimato entro il termine del marzo 2015 e che la stipula del contratto notarile si sarebbe perfezionata entro il termine del 30.03.2015.
Ad ottobre i lavori non erano ancora terminati e il promissario acquirente inviava una diffida al promittente venditore invitandolo ad addivenire alla stipula del rogito notarile entro una settimana dal ricevimento della stessa, diversamente avrebbe esercitato il diritto di recesso previsto dall’art. 1385 c.c., chiedendo la restituzione del doppio della caparra già versata (come poi avvenuto promuovendo l’azione giudiziaria dinnanzi al Tribunale di Trento).
La società venditrice si difendeva asserendo che il termine di cui alla diffida era troppo breve e che con un termine più lungo si sarebbe potuto perfezionare il rogito, che comunque il termine previsto nel contratto preliminare non era essenziale, che i lavori non erano ancora terminati per colpa esclusiva del promissario acquirente che aveva chiesto continue modifiche in corso di esecuzione e che in ogni caso il termine era stato prorogato in accordo con il futuro acquirente, come dimostrava anche il contegno dal medesimo tenuto (aveva mandato una raccomandata di recesso solo ad ottobre, a distanza di sette mesi dal termine fissato per concludere il contratto definitivo).
Il Giudice, tuttavia, ha accolto le difese svolte dall’attore, ritenendo che i lavori non fossero terminati per colpa esclusiva dell’impresa promittente venditrice, affermando che anche se il termine previsto nella diffida fosse stato più lungo i lavori in ogni caso non si sarebbero potuti completare (visto che mancava il certificato di agibilità dell’immobile) e che a riprova del disinteresse da parte del promissario acquirente circa la consegna dell’immobile in data successiva al 30.03.2015 lo stesso aveva inviato una raccomandata di recesso dal contratto di locazione che aveva in essere e il suo legale aveva inviato ben tre lettere al Comune dove era sito l’immobile promesso in vendita per verificare a che punto fosse l’iter amministrativo per considerare i lavori conclusi.
A fronte di simili circostanze il Tribunale di Trento ha ritenuto legittimo il recesso esercitato dal promissario acquirente, condannando il promittente venditore alla restituzione nei confronti del primo del doppio della caparra confirmatoria ricevuta ex art. 1385 c.c.
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