Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha affermato che, a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 7/2015 e alle conseguenti modifiche dell’art. 38 T.U.L.P.S. e art. 697 c.p., l’obbligo di denuncia di caricatori scatta ora solo per quelli in grado di contenere un numero superiore a cinque colpi per le armi lunghe e a quindici colpi per le armi corte, con conseguente depenalizzazione – a seguito della normativa sopravvenuta (ex art. 2 c. 2 c.p.) – della condotta di detenzione abusiva di caricatori per armi comuni da sparo che non superano i suddetti limiti. La pronuncia è interessante anche in materia di qualificazione di armi, spesso oggetto di confusione da parte delle Procure che nel dubbio preferiscono qualificare il fatto come detenzione di arma (o munizione) da guerra o tipo guerra e non come arma comune da sparo: la Corte, infatti, ha confermato l’orientamento più recente per cui, a seguito delle novità introdotte dalla L. 183/2011 che ha eliminato il catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, spetta ora al banco nazionale di prova di cui all’art. 11 c. 2 L. 110/1975 la competenza in merito alla verifica per ogni arma da sparo prodotta la qualità di arma comune da sparo. E poiché nel caso di specie l’arma in questione – una pistola Beretta SB/92/FS (con relativo munizionamento) – è stata qualificata dal Banco Nazionale come arma comune da sparo, non può trovare applicazione la L. 895/1967 ma il codice penale art. 697 (nel caso di specie in relazione alle munizioni non denunciate).
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