Consulenze

Piani faunistici venatori

Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione

faunistico-venatoria diversamente orientata a seconda del tipo di selvatico. Per

i carnivori si deve tendere alla conservazione delle effettive capacità riproduttive

ed al contenimento naturale di altre specie; per gli altri selvatici al conseguimento

della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione

delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.

Le regioni e le province, attuano la pianificazione con l’ausilio dell’Istituto superiore

per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) (art. 7 LC) e mediante

la destinazione differenziata del territorio.

Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una quota

dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica (dal 10-20 per cento

nella la zona faunistica delle Alpi). In dette percentuali sono compresi i territori

ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altri leggi o disposizioni.

Questo territorio di protezione comprende anche i territori destinati

ad oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, centri pubblici di riproduzione.

Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori

accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la

riproduzione, la cura della prole.

Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale

massima globale del 15 per cento a caccia riservata a gestione privata ai

sensi dell'articolo 16, comma 1, e a centri privati di riproduzione della fauna

selvatica allo stato naturale. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale le regioni

promuovono forme di gestione programmata della caccia, secondo le

modalità stabilite dall'articolo 14.

Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le

province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-

venatori e piani di miglioramento ambientale tesi, questi ultimi a favorire

la riproduzione naturale di fauna selvatica. nonché piani di immissione di fauna

selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi

nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle

compatibilità genetiche da parte dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca

ambientale (ISPRA) e sentite le organizzazioni professionali agricole

presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro

strutture regionali.

I piani faunistico-venatori di cui al comma 7 comprendono:

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a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta

della fauna selvatica;

b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna

selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul

territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e

alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;

c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale,

ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone;

d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati

in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è

vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali

allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola,

di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate;

e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche

su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento

appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni

venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati;

f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori

dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole

e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b)

e c);

g) i criteri della corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o

conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed

al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle

zone di cui alle lettere a) e b);

h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.

Ogni zona dovrà essere indicata da tabelle perimetrali, esenti da tasse, secondo

le disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell'ente, associazione

o privato che si preposto o incaricato della gestione della singola zona.

I proprietari dei terreni da sottoporre a vincolo potevano, all’epoca della

formazione delle zone vincolate, opporsi alla creazione della zona; se più del

40% si opponeva, la zona non si poteva formare e restava, in ogni caso, precluso

in essa l'esercizio dell'attività venatoria. Le regioni potevano destinare le

suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.

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