L’art. 21 L.C., lett. e) recita che è vietato l'esercizio venatorio nelle aie e
nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio
di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto
di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione
ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali.
La lett. f) stabilisce poi il divieto di sparare in direzione di queste strade.
La norma sub e è stata introdotta dalla LC 1977 quella sub f) dalla LC
799/1967. ed erano ignote alla normativa anteriore.
L’art. 3 nr. 52 del Codice Stradale 285/1992 fornisce la seguente definizione:
Strada vicinale o poderale o di bonifica; strada privata fuori dai centri abitati
ad uso pubblico. L’art. 2, comma 6 lett. d) stabilisce poi che le strade vicinali
sono assimilate alle strade comunali.
Le norme sono abbastanza chiare, e lo sarebbero di più se la Cassazione
non avesse fatto la solita confusione, decidendo ad orecchio invece che in base
alla legge. Una corretta interpretazione deve tenere conto prima di tutto della
realtà di fatto e poi del significato che le parole hanno nel contesto storico.
Se si esaminano vocabolari e leggi del 1800 si trova subito che requisito essenziale
della strada vicinale è di essere una strada privata, su terreni privati,
costruita da privati e quindi regolata dal diritto privato; poco importa se gravata
di servitù di uso pubblico (Trib. Torino 17 agosto 1855). Così anche il Prontuario
di Giacinto Carena del 1859: “strada vicinale è quella che mette ai particolari
poderi di vari privati, e suol esser fatta e mantenuta a loro spese” Essa può
diventare pubblica solo se da tempo immemorabile è stata adibita ad uso pubblico
(Cass., Firenze 3 dicembre 1868). La materia venne poi regolata dalla
legge20 agosto 1881 sulle strade rurali (G. B .Cereseto – 1894, Le strade vicinali,
1884).
Questi principi sono rimasti immutati; vedi Tar Toscana 1385/2003: “ La
strada vicinale pubblica non deve confondersi con la strada vicinale privata
formata «ex collazione privatorum agrorum», e la cui proprietà spetta ai conferenti.
Scrive Augusto Baldassari nel Codice Civile commentato, pag. 826, del
2007: “Fra i diritti di uso pubblico, rientra in primo luogo - quale tipo di servitù
pubblica più diffusa - la strada vicinale (pubblica), da non confondersi con le
vie agrarie o vicinali private formate da conferimenti consensuali del terreno
269
dei proprietari di fondi confinanti, che servono esclusivamente ad essi, non essendone
l'uso consentito alla generalità. (Cass., 14 luglio 1976 n. 2710).
Le strade vicinali sono strade di proprietà privala gravate da servitù pubblica
di passaggio, alla quale vengono assoggettati anche gli sisari privati (spiazzi,
vicoli, corti), aperti al transito pubblico (art. 22 leggi su lavori pubblici). Cass.,
22 novembre 1968 n. 3794
Le strade vicinali assoggettate a pubblico transito sono equiparate alle strade
pubbliche in senso proprio e sottoposte al regime giuridico di queste ultime.
Cass., 19 febbraio 1993 n. 2025.
Perché una strada possa rientrare nella categoria delle vie vicinali pubbliche
devono sussistere: a) il requisito del passaggio esercitato «iuris servitutis publicae
», da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad un gruppo
territoriale; b) la concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento
con la via pubblica, esigenze di generale interesse; e) un titolo valido
a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può identificarsi
nella protrazione dell'uso stesso da tempo immemorabile. (Cass., 12 luglio 91,
n. 7718).
La Cassazione si è occupata poi delle strade vicinali per questione non civilistica,
dovendo stabile su quali strade vicinali occorra rispettare le norme sulla
circolazione stradale ed ha scritto:
Bene e ritenuta area di uso pubblico, ai sensi dell'art.2 cod. strad.
La strada vicinale che, pur terminando in fondi di proprietà privata, e aperta
indiscriminatamente - e col consenso, anche soltanto tacito, del proprietario -
all'uso pubblico e della collettività, che in tal caso ne usufruisce non uti singuli.
Di conseguenza,esattamente e ritenuta obbligatoria la patente di guida per
chi circola in essa con trattori agricoli in riferimento alla fondamentale sicurezza
della circolazione stradale. (Cass., 3 giugno 1968 n. 1142).
Nel 1973 si è poi occupata della questione in materia venatoria scrivendo:
L'art 10 legge 2 agosto 1967, n 799 (che ha sostituito l'art 32 tu 5 giugno 1939,
n 1016), nello stabilire per l'Esercizio della caccia con uso di armi da sparo
l'obbligo di una distanza non minore di cinquanta metri da strade carrozzabili
(eccettuate quelle poderali e interpoderali), si riferisce sia alle strade statali,
provinciali e comunali, sia a quelle vicinali soggette a servitù di pubblico transito.
(Cass., 04 giugno 1973 n. 7698)
Da quanto emerge da leggi e giurisprudenza si possono fissare tre punti saldi:
- La nozione ha rilevanza solo per le strade carrozzabili, idonee alla circolazione
di veicoli
- Le strade vicinali sono strade costruite su terreni privati e di proprietà privata;
esse si distinguono in strade vicinali di uso pubblico e strade vicinali non
270
di uso pubblico.
- Le norme del codice delle strada e della legge sulla caccia si applicano solamente
alle strade vicinali non di uso pubblico.
Si tratta quindi di stabilire in quali casi si ha “uso pubblico”.
L’affermazione della Cassazione secondo cui si ha uso pubblico ogni qualvolta
i privati consentono che sulla strada passino persone diverse dai legittimati è
una sciocchezza giuridica. È noto che il passaggio su strade private avviene
normalmente da parte di tutti se non vi sono espressi divieto di transito o barriere
che impediscano l’accesso. Una strada vicinale non è il vialetto
all’ingresso di una villa, la cui natura “riservata” è chiaramente dimostrata dalla
situazione dei luoghi, ma è una strada campestre, anche asfaltata che dovrebbe
servire solo ai proprietari dei fondi e a tutti coloro che sono autorizzati,
espressamente o implicitamente ad accedere ai fondi. Nessuna norma obbliga il
proprietario di una strada privata ad apporre cartelli di avviso o barriere agli
ingressi e quindi l’estensione dell’uso della strada a terzi non legittimati deriva
o dalla tolleranza dei proprietari o dall’abuso dei terzi; spesso però deriva dal
fatto che il terzo non è in grado di rendersi conto che sta commettendo un abuso.
Si consideri poi che anche dove vi fosse un cartello di divieto, chiunque può
entrare con la scusa di cercare Pinco Pallino che lavora lì: il fatto è che in genere
questi cartelli di divieto o di strada privata vengono messi per ragioni civilistiche
(dimostrazione di possesso, scarico di responsabilità per incidenti) e non
perché si vogliano espressamente escludere tutti gli estranei.
D’altra parte è assurdo che vi siano dei precetti di tipo penale così indeterminati
che finiscono per imporre al cittadino di rispettare situazioni per lui inconoscibili;
come fa il cittadino, sia esso cacciatore o conducente, che si trova
di fronte una strada di tipo forestale nel bosco, a sapere se essa sia privata o
comunale, aperta a tutti o solo ad alcuni? Se una strada è o meno comunale non
risulta certo dalle comuni carte geografiche, anche ad ampia scala, e solo in alcuni
casi si possono trovare indicazioni sulle mappe catastali. Per il cacciatore
vi è poi l’ulteriore problema che egli spesso non arriva sulla strada dal suo ingresso,
ove potrebbero esservi indicazioni utili, ma vi entra lungo il suo percorso
ove nulla può fargli comprendere la natura della strada. E nel bosco il cacciatore
può trovarsi di fronte all’improvviso una strada; come fa a sapere che
deve rispettare una certa distanza da essa?
Altrettanto assurdo sarebbe poi sostenere, come fa certa dottrina, che il cacciatore
dovrebbe considerare di uso non pubblico solo quelle in cui ciò è reso
manifesto dalla situazione dei luoghi; ad esempio una strada che porta e muore
in un prato o ad una casa agricola. Una simile tesi ignora le realtà dei fatti. Fra
le strade poderali o vicinali rientrano anche le strade poderali e consortili, talvolta
chiuse con cancelli, talvolta aperte, che servono più poderi e ampie diste271
se di terreni e che di certo non hanno nessuna caratteristica di destinazione
all’uso pubblico, anche se usate ogni giorno da decine e decine di agricoltori.
A questo appunto non resta che arrendersi e riconoscere che le norme della
legge sulla caccia che fanno riferimento alla nozione di strada poderale non sono
interpretabili.
In materia penale (ma il discorso vale anche per le sanzioni amministrative)
vigono vari principi generali che non possono essere mai ignorati perché di valore
costituzionale:
- il principio che il precetto penale deve essere chiaro e ben determinato;
- il principio che ogni norma dubbia deve essere interpretata in base al favor
rei e quindi adottando la tesi più favorevole all’accusato;
- il principio che il cittadino non può essere punito se non ha tenuto coscientemente
una condotta antidoverosa (Corte Cost. 24 marzo 1988 n. 364).
- il principio che è l’accusatore a dover dimostrare la sussistenza di tutti gli
elementi che consentono l’applicazione di una pena.
La conclusione può essere solo questa: di fronte ad un cacciatore il quale
sostenga di aver ritenuto in buona fede e in base alla situazione di fatto che una
strada non fosse di uso pubblico, o l’accusatore dimostra che era palese che la
strada era pubblica o di uso pubblico oppure il cacciatore deve essere prosciolto.
Oppure, in alternativa, la questione va inviata alla Corte Costituzionale affinché
valuti se la norma non violi il principio di determinatezza dell'illecito
penale e il principio di razionalità, laddove impone condotte non accertabili
dal soggetto.
Studio legale Antolini - Viale Dante, 19 - 38079 Tione di Trento (TN) - P.IVA 02318630221 - Privacy - Cookies
T +39 0465 321141 - F +39 0465 329910
info@studiolegaleantolini.it