La legge sulla caccia regola dettagliatamente, ma in modo frammentario e
confuso, la cattura di animali per scopi diversi da quello venatorio.
Le norme sono sparse in vari articoli con notevole confusione, anche per il
fatto che molte volte vengono dettate regole per gli “animali da richiamo” in
genere, senza tener conto del fatto che quali richiami vengono usati solo uccelli
e non mammiferi! Ulteriore confusione deriva dal fatto che il legislatore, con
una tecnica affatto nuova, ha messo dei divieti e delle sanzioni senza prima
spiegare come intendeva regolare la materia. Si sa che cosa è vietato, in modo
frammentario, ma non si sa che cosa è consentito. È un po’ come se nel Codice
della Strada fosse punito chi viaggia contromano, senza prima scrivere che bisogna
tenere la destra!
In via generale la legge dice che è vietato detenere, acquistare e vendere
esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi
(art.21 lett. ee). La norma si riferisce ad animali vivi, poiché la legge ha sempre
specificato quando intendeva far riferimento ad animali morti
Chi leggesse solo questa norma dovrebbe concludere che si possono detenere
(e quindi allevare) solo uccelli selvatici da utilizzare come richiami vivi e
che è vietato detenere (e quindi allevare) mammiferi selvatici. Perciò un allevamento
di cervi, ad esempio, potrebbe essere creato utilizzando solo cervi già
allevati; cosa che ricorda molto il problema filosofico se sia nato prima l’uovo
o la gallina. In realtà si tratta solo di una affermazione di principio poi smentita,
corretta ed integrata da altre disposizioni.
Infatti già l’art. 21, lett. bb, fa divieto di vendere, detenere per vendere, trasportare
per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti
derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, ma fa
eccezione per le seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos); pernice
rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara); starna (perdix
perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba palumbus).
Quindi si possono commercializzare e detenere uccelli vivi ad uso di richiamo
nonché, sia vivi che morti, il germano reale, la pernice rossa, la pernice
di Sardegna, la starna, il fagiano ed il colombaccio, naturalmente rispettando
le norme sui richiami vivi e sulla tassidermia. Dovrebbe essere poi chiaro ad
ogni interprete che è ovvio che tutte le specie cacciabili sono detenibili dal cacciatore,
una volta morte, visto che nessuna norma lo obbliga ad abbandonare
sul posto il capo di selvaggina ucciso! Perciò la norma su germano reale e col336
leghi vorrebbe in sostanza dire che queste specie, da vive, possono essere detenute
e commercializzate quantomeno a scopo di allevamento e ripopolamento e
che, da morte possono essere vendute dal cacciatore.
Però l’art. 21 lett. cc, proibisce il commercio e l’acquisto (e perciò anche la
detenzione) di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente
da allevamenti, e non ci si capisce e più nulla! Che fine hanno fatto il
germano, la pernice, ecc.? Dovrebbe essere chiaro ad ogni interprete che gli allevamenti
di selvaggina vengono fatti o per ripopolamento o per usi alimentari
e che non vi è certo motivo di scrivere in una legge che un animale allevato a
scopo alimentare può anche essere venduto e mangiato.
Come non bastasse, si trovano poi norme, ormai superate. L’art. 30 lett. h)
vieta di catturare o detenere fringillidi (uccelli non elencati alla lett. bb) non di
allevamento in numero superiore a cinque; però, se essi sono richiami, si applica
la norma sui richiami che consente di detenere fino a 10 esemplari. Il legislatore
non si è ricordato che fra gli uccelli selvatici usabili come richiami, non
deve essere previsto alcun fringillide fin dal 1993 (DPCM 22 novembre 1997 e
L. 1° marzo 2002 n. 39). Per la stessa ragione è rimasta nella legge la disposizione
dell’art. 21 lett. q) che vieta di usare richiami vivi non provenienti da allevamento
nella caccia agli acquatici.
L’art 20 regola l'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente
alle specie autoctone e solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento
genetico e quindi, giustamente, vieta l’introduzione incontrollata di specie
non autoctone che potrebbero gravemente alterare gli equilibri naturali. Però
in mancanza di diversa disposizione si deve concludere che è libera
l’importazione di esemplari di specie autoctone o non autoctone morti, purché
non appartenenti a specie protette (in questo senso si vedano le norme sulla
→Tassidermia).
Ma che dire dell’art. 21, lett. t) che fa divieto di commerciare fauna selvatica
morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere
gastronomico? Chiaro che per la legge può essere venduta selvaggina morta
purché per scopo diverso dall’uso in sagre e manifestazioni a carattere gastronomico,
ma era meglio prima stabilire ciò che è consentito e poi indicare i limiti.
Ovviamente la norma riguarda sia selvaggina cacciata in Italia che
all’estero; quella italiana perché la norma non la esclude; quella estera perché
sarebbe assurdo proteggere i selvatici esteri più dei selvatici nostrani.
La conclusione ricavabile da queste norme pare essere:
- può essere allevato ogni tipo di mammifero purché si usino animali provenienti
da allevamenti;
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- si possono allevare per fini commerciali solo uccelli appartenenti alle specie
germano reale, pernice rossa, pernice di Sardegna, starna, fagiano e colombaccio;
- sfugge del tutto la logica di non poter allevare qualsiasi uccello piaccia allevare
(merli, galli cedroni, ecc.) e perché il legislatore si sia dimenticato degli
allevamenti di mammiferi.
- per gli uccelli da richiamo valgono altre regole (vedi più avanti).
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